PADRE DANIELEda Samarate |
È il 13 agosto 1922. Sono venuti a trovarmi
Frei Germano e Frei Carlo: mi hanno dato la notizia che la Missione dovrà
abbandonare il Parà... Lode a Dio.
Non ci è nuovo questo modo di affrontare
anche i momenti e i dolori più grandi. Di che cosa si trattava?
I superiori erano intenzionati a lasciare la Missione del Parà per
trasferire i Frati in altro territorio. Se sarà necessario, sarà
un grande sacrificio morale per noi, avendo qui la missione impiegato...
enormi spese, per cui si è tanto impoverita... (Così
padre Eliodoro).
Ma padre Daniele si trovava nel Parà (salvo
la breve parentesi ad Anil nel Maranhão) dal 1900 e ora, lebbroso
all'ultimo stadio, rischiava di essere abbandonato dai suoi frati. L'ultima
lettera del Nostro (29 agosto 1922), dettata a padre Eugenio per l'impossibilità
di tenere ancora la penna, ci fa sostare presso il Calvario ormai vicino.
M. Rev.do padre Provinciale e Car.mo padre Innocenzo...
Mi permetta che apra il mio cuore con tutta sincerità, sopra un oggetto che mi ha assai rammaricato. Pochi giorni dopo ricevuta la sua, ebbi la dolorosa notizia dello smembramento del Parà dalla nostra cara Missione. Può immaginare, caro Padre, la scossa terribile che dovetti provare!!... Tanti lavori, tanti sacrifizi, tanti denari... il Parà che era la parte prediletta, il boccone più saporito, la gloria, si può dire, della nostra cara Missione... va a cadere in mano altrui facendo un grande vuoto nella nostra Missione... vuoto di che più tardi si sentiranno le conseguenze. Ciò però che mi affligge al momento, è il pensiero del mio avvenire! Sin'ora vivevo tranquillo nel mio isolamento; quasi cieco, senza più un filo di voce, le mani stroppiate, impotenti al maneggio delle cose, il corpo affranto dal terribil morbo che compie il suo triste incarico di distruzione, era visitato di quando in quando dai miei cari confratelli, che mi assistevano spiritualmente e mi portavano il conforto dell'amicizia e della buona e fraterna conversazione, facendo, così, più tollerabile ed anche gioconda la mia solitudine; e d'or avanti che sarà di me? Avrò io l'assistenza religiosa?... Non voglio neppure trattenermi in sì tristi pensieri... Già da tempo che se ne parlava, pensava che fosse appena una nube leggera solubile al primo soffio di vento; o almeno sperava che il Signore mi chiamasse prima di tal avvenimento, risparmiandomi questo disinganno... Ma... Egli nella sua infinita bontà e misericordia ha voluto riservarmi questo colpo terribile, senza dubbio per completare la mia corona, giudicandomi ancor capace di portar più pesante Croce: essendo così sia ringraziato: Dominus dedit etc. Sit nomen Domini benedictum.
Ma il temuto abbandono, grazie a Dio, non si realizzò.
Ancora oggi i frati Cappuccini di Lombardia sono sparsi nel Parà,
vivono al Prata, a Belém presso la chiesa dedicata a S. Francesco
d'Assisi...